Conversazioni con Stalin by Milovan Gilas

Conversazioni con Stalin by Milovan Gilas

autore:Milovan Gilas
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Stalin, Conversazioni,
editore: Feltrinelli
pubblicato: 1962-02-06T16:00:00+00:00


5

Fui tuttavia gradevolmente sorpreso quando venni invitato anch’io a una cena intima alla villa di Stalin. Naturalmente Šubašić non ne sapeva nulla; eravamo invitati solo noi ministri jugoslavi comunisti, e da parte sovietica le persone più vicine a Stalin, Malenkov, Bulganin, Beria, il generale Antonov e, naturalmente, Molotov.

Come il solito, verso le dieci di sera ci trovammo tutti riuniti alla tavola di Stalin; io ero arrivato in macchina insieme a Tito. A capotavola sedeva Beria, avendo alla sua destra Malenkov, me, Molotov, Andrejev e Petr vić e alla sinistra Stalin, Tito, Bulganin, e il generale Antonov, vice-capo dello stato maggiore generale.

Anche Beria era piuttosto piccolo di statura — il Politburo di Stalin contava ben pochi membri più alti di lui — grassoccio, con una carnagione tanto pallida da dare nel verde e mani umide e molli. Con quella bocca che sembrava un taglio e gli occhi sporgenti dietro il pince-nez mi ricordò stranamente Vujkovic, uno dei capi della polizia reale di Belgrado, specializzato nel torturare i comunisti. Mi fu necessario uno sforzo per dissipare la sensazione sgradevole destata in me da quella somiglianza, tanto più fastidiosa in quanto si estendeva anche all’espressione, soddisfatta di sé, ironica, e nello stesso ossequiosa e sollecita. Come Stalin, Beria era un georgiano, ma dal suo aspetto nessuno lo avrebbe mai indovinato, giacché i georgiani sono di solito bruni e ossuti; persino sotto questo rispetto Beria era difficilmente classificabile. Sarebbe potuto passare per uno slavo o un lettone, ma più che altro per un miscuglio di razze diverse.

Malenkov era ancora più piccolo e più grasso, ma aveva una fisionomia tipicamente russa con una sfumatura mongoloide; era bruno, con gli zigomi alti e la pelle leggermente butterata. Dava un’impressione di estremo riserbo, di cautela; pareva che sotto gli strati e le pieghe di grasso si nascondesse un uomo diverso da quello che la gente vedeva, un uomo vivo, attento, che si rivelava solo in quegli occhi neri, intelligenti, a cui nulla sfuggiva. Da qualche tempo lo consideravano la controfigura (non ufficiale) di Stalin in tutte le questioni di partito; praticamente dipendevano da lui tutte le questioni riguardanti l’organizzazione del partito e la promozione o retrocessione dei funzionari. Era stato lui a inventare i ruoli dei quadri — biografie e autobiografìe minuziose di tutti i membri e candidati di un partito con parecchi milioni di iscritti — conservate negli archivi moscoviti e sistematicamente aggiornate. Approfittai dell’occasione per chiedergli un’opera di Stalin, Sull’opposizione (Ob oppozitsiì) ritirata dalla circolazione perché conteneva numerosi passi di Trotzkij, Bucharin ed altri; l’indomani ricevetti una copia usata dell’opera, che conservo ancora nella mia biblioteca.

Bulganin, che indossava l’uniforme da generale e il cui mento si decorava di una antiquata barbetta a punta, era un uomo piuttosto tarchiato, bello, inconfondibilmente russo e di modi estremamente riservati; anche il generale Antonov, ancor giovane, molto bello, bruno e sottile, partecipava alla conversazione solo quando questa riguardava argomenti di sua stretta competenza.

Seduto di fronte a Stalin, faccia a faccia con lui, sentii tornare la fiducia, benché per molto



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